Interventi su motore e meccanica

Indice

Manutenzioni ordinarie e straordinarie al motore

Il radiatore ed il circuito di raffreddamento
Il filtro dell’aria.
Montaggio e smontaggio pompa iniezione.

 

Manutenzioni ordinarie e straordinarie alla meccanica.

I freni.
Il freno a mano.
Le crociere.

 

Manutenzioni ordinarie e straordinarie al motore.

Il radiatore ed il circuito di raffreddamento.

Il radiatore è uno dei punti più sensibili del TP3. Ciò è frutto di una vecchia politica del “se non vai al polo l’acqua va più che bene”. Ed infatti ruggine e calcare hanno tappato il mio radiatore. Per rendere un idea: partenza con 15°C esterni, in 4 chilometri raggiungevo gli 80°C nel circuito dell’acqua. Fortunatamente la costruzione del motore originale non risente troppo del caldo!

Il primo intervento ha riguardato la sostituzione del liquido refrigerante aprendo il rubinettino che si trova sotto il radiatore, verso la parte sinistra del mezzo. Purtroppo il rubinetto è stato studiato male e la traversina su cui il radiatore è poggiato si riempie d’acqua durante lo svuotamento, gocciolando di conseguenza su di voi che siete belli sdraiati con le mani in alto.
Il liquido si è presentato rosso alla vista. Rosso di ruggine. Ed infatti, sostituito con un liquido apposito per radiatori, dopo qualche centinaio di chilometri ed un paio di cambi è tornato ad essere pulito.
Però il problema delle alte temperature è rimasto, facendosi accompagnare anche da delle discrete perdite, e costringendomi a portare il radiatore in un officina specializzata (in viale Porto Torres a Sassari, molto bravi.n.d.r.) per una controllatina. Per farla breve le colonnine che non erano otturate erano bucate. Faccio un tentativo ordinando un radiatore da Alain Brink, ma per errore ne prendo uno veramente troppo piccolo, ma me ne accorgo dopo diversi mesi, e parlare con Alain non è semplice perché lui parla francese, mentre io il francese non lo concepisco proprio! Quindi mi sono trovato con un radiatore piccolo per il mio mezzo (in vendita tra l’altro n.d.r.) e con quello montato che sta per stramazzare.

Decisione forzata di rivolgermi all’officina di cui sopra. Spesa modica e corpo radiante completamente nuovo, e maggiorato! Ora non supero i 65°C col il sole dell’estate sarda, a mezzogiorno con 40°C esterni.

In realtà è merito anche della ventola nuova, che ha dato il cambio a quella vecchia, segnata dal tempo e dal lavoro, che le hanno creato delle crepe e dei tagli sulle pale.

Per completare il lavoro ho seguito tutti i tubi del circuito, trovandone qualcuno screpolato. Sostituiti tutti i tubi in gomma Il sistema di raffreddamento è risultato essere come nuovo, pronto a soupportarmi ancora per migliaia di chilometri.

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Il filtro dell’aria.

Il filtro dell’aria del Saviem è di tipo “a bagno d’olio”, cioè consiste in un sistema di camere e filtri in lana metallica che creano uno o più sifoni pieni d’olio. La manutenzione ordinaria consiste nello svuotare il filtro, filtrare l’olio, rimetterlo e rabboccare quello che manca. Lasciando da parte per adesso il racconto dei mostri che ho trovato al primo tagliando passiamo direttamente alla manutenzione straordinaria.

Il filtro e il suo contenitore non creano problemi in genere, ma sono tenuti su da tre silent block in gomma.

Uno dei gommini che reggono il filtro dell’aria.

Codesti oggetti tendono a cedere col tempo, in quanto le vibrazioni, lo sforzo e le differenze di temperatura dividono la gomma dalla rondella metallica. Niente di più semplice che sostituirli (finalmente una gioia!).
I silent block sono fissati da una parte al filtro, ovviamente, e dall’altra alla lamiera che copre il motore tra i due sedili anteriori. Per rimuoverli bisogna innanzi tutto smontare il filtro, estraendo la parte inferiore dove si crea il sifone con l’olio; si distacca poi il manicotto dell’aria; infine si prende una chiave del 13 e si svitano i dadi che sporgono dalla lamiera.

Qui si vedono il bocchettone del filtro, i buchi dove passano i dadi per fissare lo snorkel e i tre dadi dei silent del filtro aria.

Se i silent sono tutti spezzati il filtro sarà stato a penzoloni sopra il coperchio punterie ed allora da sotto, con la mano, terremo la rondella o quel che rimane della gomma per svitare il dado. In caso invece il filtro fosse ancora al suo posto individuiamo i gommini non spezzati e svitiamo prima quelli, poi per gli altri procediamo come sopra.

I gommini sono abbastanza facili da reperire da un qualsiasi ricambista, e metterli semplicissimo, fissandoli naturalmente prima al filtro e poi alla lamiera.
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Montaggio e smontaggio pompa iniezione.

Il copioso gocciolamento della pompa mi ha costretto alla revisione completa del pezzo.
Per fare ciò, naturalmente, l’ho rimossa dal blocco motore, operazione tutt’altro che veloce.

Per capire meglio questa guida e se non sapete come funziona una pompa di iniezione diesel fate un salto su questi due link:
Video esplicativo pompa iniezione
Spiegazione chiara e semplice della pompa d’iniezione

Per prima cosa si smonta il collettore di aspirazione, facendo molta attenzione a non perdere le guarnizioni e che le rondelle non finiscano sulle valvole o sulla testa del pistone.
Sucessivamente si smontano i tubicini che portano il gasolio in pressione dalla pompa agli iniettori, prima svitando la cartella dagli iniettori e poi rimuovendo dalla pompa dado e tutto il sistema dei tubi. Poi li ho immersi in una soluzione di acqua e un potente sgrassatore, ottenendo un risultato pari al nuovo.

Staccati i rinvii di acceleratore e di debito (lo strozzo per lo spegnimento) si rimuove la placca di sostegno dei rinvii e i bulloni che tengono la pompa attaccata al blocco in ghisa. Le allento tutti i bulloni, rimuovo prima quello sotto, poi i due in alto e sfilo la pompa.

Mandata a revisionare, dopo mille peripezie, è arrivato il momento di ripiazzarla.
Per prima cosa il motore deve essere messo in fase. Apro il coperchio punterie e giro l’albero motore finché la valvola di scarico del primo cilindro non si chiude. Verifico l’allineamento sulla ghiera segnata del volano, trovando la conferma di avere il motore al PMS. Torno indietro fino a che la ghiera segna 23° (anticipo consigliato dalla casa) e torno sulla pompa.
Aprendo la vite di verifica della posizione si osserva il pistoncino, con il foro centrale e la fessura di carico al condotto dell’iniettore corrispondente. Sistemando la fessura in corrispondenza del primo iniettore, appena dopo il ritorno, si ha la pompa in posizione.
Il manuale di officina prevede che per il procedimento si usi un comparatore di PMS, ma io mi sono arrangiato con la vista e la telecamera del telefonino per verificare la posizione una volta rimessa la pompa al posto giusto.

N.B. prima di inserire la pompa nell’alloggiamento verificare che la chiavetta e la puleggia dentata siano al loro posto e il dado ben stretto!

Ripercorrendo la strada a ritroso si rimonta tutto, si aziona la pompa AC e si effettua lo spurgo dell’impianto.
Sostituito anche il filtro carburante siamo pronti. Dopo due giri di chiave a vuoto per far uscire l’aria dagli iniettori il motore riprende vita.

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Manutenzioni ordinarie e straordinarie alla meccanica.

 

I freni.

I TP3 pesano tanto, al punto che bisogna stare attenti a non sforare i 35 quintali della moderna omologazione per patente B. I freni sono di vitale importanza. Letteralmente!

Il circuito dei freni del TP3 non è molto diverso da quello di tanti mezzi dell’epoca. Consta di due circuiti, uno per il ponte anteriore e uno per il ponte posteriore, collegati ognuno al servofreno di riferimento. Possiamo trovare due versioni di vaschette per il liquido: una grande per entrambi i circuiti o due piccole, una per circuito. La mia versione prevedeva le due vaschette separate, ma per comodità durante lo spurgo le ho sostituite con una più grande.

Andando a scendere la pompa dei freni da raramente problemi, mentre spesso si inceppa l’interruttore degli stop collegato al pedale. Il pezzo nuovo costa pochi euro e montarlo è semplicissimo. Dopo la pompa il circuito in rame presenta diversi difetti di progettazione. Troppe curve nette, spesso rivolte verso l’alto, trattengono tante piccole bolle d’aria che rendono cingommoso e poco preciso il pedale. È possibile rimuovere facilmente i tubi per disporli in maniera più razionale.

Proseguendo per il circuito si trova una sorta di H composta da due innesti sopra e due sotto, e all’interno dell’astina di collegamento è presente un pistoncino che sente le differenze di pressione tra i due circuiti (a sinistra passa il liquido per il ponte posteriore, a destra il liquido per il ponte anteriore) e nel caso la differenza ci sia chiude un circuito con un cavo fissato con un dadino al centro del raccordo ad H.

L’idea è anche buona, se non fosse che tutti quegli spigoli sono una dimora perfetta per le bolle d’aria, ed in un liquido attraversato da corrente elettrica si presenta il fenomeno dell’elettrolisi, che tra le altre cose (wikipedia per chi volesse approfondire) crea delle bolle di gas. Io l’ho rimosso senza stare a pensarci.
La caccia ai punti dove ristagnano le bolle prosegue nei gomiti dei servofreni, dotati di dadi che sembrano costruiti apposta per far utilizzare più DOT4 negli spurghi. Un trucchetto è ruotarli in modo che la curva stia verso il basso. Gravità e differenze di densità ci daranno una mano.

Il correttore di frenata è un dispositivo, meccanico nel nostro caso, che determina quanta forza frenante far arrivare ai tamburi posteriori in base a quanto peso grava sul ponte posteriore. Il TP3 è dotato di un sistema a molla: un’estremità è attaccata al ponte, l’altra ad un sistema di leveraggi che regola il passaggio del liquido in una sorta di valvola a saracinesca. Più la molla è tesa, più il ponte è lontano dal telaio e quindi supporta meno peso. In questo caso la forza frenante necessaria è poca, indi per cui la saracinesca sarà parzialmente chiusa.

Il rischio di un errato dosaggio è che se passa troppo liquido durante una frenata i tamburi posteriori blocchino le ruote e “parta il retrotreno”, mentre se ne passa troppo poco si rischia di gravare troppo sui freni anteriori.

Il circuitino con la valvola che regola il passaggio del fluido è un labirinto di curve nette, che rende particolarmente ostica la pulizia dei tubi. Per ovviare il problema qualcuno bypassa il pezzo in questione. Io ho preferito lasciarlo dove l’ho trovato, dopo una bella sgrassata sembra non creare troppi problemi.

Spurgo e manutenzione ordinaria dell’impianto non differiscono da un normale circuito con quattro tamburi. Ganasce e pistoncini si reperiscono facilmente, e il mio suggerimento è di sostituire il DOT4, altamente corrosivo, con del fluido siliconico per freni a tamburo. Molto più pulito, ecologico, sicuro. Costa molto di più, ma evita un sacco di manutenzione necessaria col DOT (4 o 5 fa poca differenza).
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Il freno a mano.

Capitolo a parte è necessario per il freno a mano. Il sistema è abbastanza semplice, ma è machiavellico nella sua attuazione. Tirando la leva nell’abitacolo un sistema di cavi e carrucole arriva a far ruotare un cilindro con delle flange attaccate. Una è collegata al cavo della leva da azionare, e due ai cavi che andranno a tirare il freno a tamburo posteriore. Questi ultimi due cavi sono fermati sulla flangia da un sistema di doppi dadi, che stringe ogni cavo in una strozzatura della rispettiva flangia. Questo sistema rende molto complicato regolare il freno a mano, sopratutto perché bisogna compiere una regolazione per ogni ruota!

collegamento di seria per la regolazione del freno a mano.
Il collegamento di serie per la regolazione del freno a mano.

Da qui l’idea: tagliare il cavo metallico e collegarlo alla flangia grazie ad un tirante in acciaio inox.
Regolazione ed eventuale sostituzione pratiche e rapide, senza impazzire con chiavi, pinze e andando avanti ed indietro mille volte.

Tirante nuovo.
Nuovo sistema. La flangia originale, indicata dalla freccia, rimane. Viene aggiunto il tirante in inox nel cerchio.

La regolazione è molto semplice: posizionando la leva a circa un terzo-metà corsa e mettendo le ruote su cavalletti o crick si mette in tensione il cavo, quindi si prova a far girare a mano la ruota corrispondente. Quando la ruota non gira più il cavo è abbastanza teso. Si ripete il procedimento per entrambe le ruote posteriori, verificando alla fine che tirando una parte non si allenti l’altra.
Finito ciò quando andremo a tirare il freno a mano in sosta fino ai 2/3 della corsa il camper resterà fermo, non dovendo contrastare nessuna forza cinetica.

Un importante intervento da fare è inserire uno spessore tra il cavo del freno a mano ed il tamburo delle ruote posteriori dato che il ferodo della ganascia non fa più presa col freno a mano già quando si consuma di 0.5 cm a causa della diversa angolazione con cui viene a contatto con il tamburo.
Io ho utilizzato un dado del 12, a cui ho mangiato la filettatura con il trapano a colonna ed ho aperto uno spiraglio diagonale per far passare il cavo lungo uno dei lati. Una volta messo in tensione il cavo, il dado resterà in posizione, e la forma diagonale del taglio gli impedirà di sfilarsi via.
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Le crociere.

Le crociere, pezzo indispensabile dei giunti cardanici (wiki per chi fosse interessato), sono una parte fondamentale del Saviem. Consentono agli alberi di trasmissione di (per l’appunto) trasmettere il movimento tra i vari componenti della trasmissione. Il TP3 ha quattro alberi, dotati di due giunti ognuno. Uno collega il cambio al ripartitore, e gli altri due collegano il ripartitore ai due differenziali, anteriore e posteriore.

È molto importante che le crociere, siano dotate di ingrassatore, rendendole potenzialmente eterne a seguito di una costante manutenzione e verifica.

Nella pagina del materiale tecnico è presente una rappresentazione grafica dei punti di ingrassaggio del TP3.
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